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Il racconto di Selvaggia Lucarelli sul suo incidente col ciclo: Apripista o orrido?

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Il racconto di Selvaggia Lucarelli sul suo incidente col ciclo: Apripista o orrido?

La cosa é andata così: SL era a Brescia a presentare una serata quando si è accorta che OPS il ciclo era arrivato,obbligandola quindi a restare seduta tutto il tempo e a chiamare allarmata il suo boyfriend per un emergenza lines.

Sembra quella puntata di Sex and the city in cui il cane di charlotte ha le mestruazioni durante la gara canina e Anthony fa

“E’ un cane! non possiamo mica mettergli un mini tampax canino”

e Carrie attacca a ridere e si vede benissimo che è una risata spontanea perché in effetti si, è una gran battuta .

CARI MIEI, spiegato in poche righe perchè tendo a mettere gli assorbenti anche due giorni prima del ciclo: quello da me sopra descritto é un incubo degli incubi total

ecco comunque il racconto: per voi ha fatto bene a riportarlo, ricordando un grandissimo problema di noi donne o è una schifezza che poteva tenersi per se?

 

“Vabbè, ve lo racconto. Sdoganiamo pure ‘sta cosa. Venerdì sera ero a Brescia a presentare il mio libro”, racconta la giornalista. “Fin qui tutto bene. A un certo punto, mentre parlo della suora infame che mi è toccata in sorte durante gli anni delle medie, mi sento strana”. Cosa? “Intuisco la ragione della sensazione di stranezza. Lo so. La sento. La riconosco: mi è iniziato il ciclo”.

Non certo piacevole avere il ciclo nel bel mezzo di una presentazione. “La situazione mentre parlavo di Suor Clelia e sorridevo con il terrore negli occhi, era la seguente – prosegue la Lucarelli – mancavano 40 minuti circa alla fine dell’incontro, 150 persone mi scrutavano attentamente, mi attendeva un’oretta di firma copie e io ero, metaforicamente parlando, un’accoltellata che non poteva bendare la ferita”.

Il punto di non ritorno arriva poco dopo. “E’ in quel momento che osservo la seduta del mio simpatico interlocutore. E’ una comoda poltroncina. Bassa, elegante, semplice. Con uncuscino bianco. Un bianco di quelli cangianti, puri, luminosi, indiscutibili. Non un crema, un bianco sporco, un panna, no. Un cazzo di bianco che di più bianco c’è solo la papalina di Francesco immersa nella candeggina a mani nude da una vergine. Penso che non ho fatto caso al colore del mio cuscino e che figuriamoci se è bianco, che è ‘sta scelta banale, sarà verde, nero, con una fantasia maculata, anzi, magari è rosso, certo, è sicuramente ROSSO FUOCO per valorizzare l’ospite e io me la sfangherò dal lasciare tracce per mimesi. Abbasso lo sguardo certa che il destino sia benigno. Porco cazzo. È bianco”.

La paura è quello di poterlo macchiare. “Il pantalone nero mi salverà, ma il cuscino non ha scampo – continua Selvaggia – “E quindi blablaba il secondo capitolo blablabla la mia compagna di scuola blablabla…grazie a tutti gli amici di Brescia!”. Segue firma copie. Resto seduta. Faccio le foto seduta. Chiacchiero seduta. Sorrido seduta. Penso che dormirò lì seduta. Diventerò un’installazione nel centro di Brescia, mi taggheranno pure i turisti. Finisce tutto. Non ho più alibi per rimanere seduta. Il tendone è vuoto. Gli organizzatori, tutti schierati di fronte a me, mi guardano come a dire: “Che minchia ci fa questa ancora seduta?””.

A quel punto è il fidanzato ad andarla ad aiutare. “Chiamo Lorenzo, che è lì sullo sfondo a chiacchierare, gli faccio cenno di raggiungermi. Da seduta. Lui arriva basito. Non capisce perché non alzi il culo io e chieda di venir lì con un cenno come fossi il Dalai Lama. Gli spiego all’orecchio la situazione. Ride. Mi dice ‘Tu alzati e scendi veloce dal palco dicendo qualcosa che attiri l’attenzione su di te, che io giro il cuscino!’. Io penso che per scendere dal palco allora dirò qualcosa come ‘tette!’ o ‘orgia subito’, così mi guarderanno per forza, anche solo per mettermi una camicia di forza. Possibilmente lunga sotto al sedere e nera come la notte. Ala fine opto per la sobrietà, dico ‘Ma che bella serata!’, che boh, fa sempre scena. Penso che vorrei un assorbente e con le ali, per volare via da lì e sotterrarmi nella campagna bresciana. Lorenzo fa quello che deve fare. Forse notato, forse no. Non lo saprò mai”.

La Lucarelli ha deciso di raccontare questa sua esperienza per un motivo. “Volevo farvi sapere che quello che è accaduto è il sintomo benigno della mia passione per questo lavoro: io, sul palco, do il sangue. E se questo non vi basta, ecco, che volete che vi dica: aspetto il conto della lavanderia”

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